Gianni Schiavon
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Raro esempio di architettura neoclassica ispirato al Pantheon di Roma, fu commissionata nel 1814 e affidata, dopo concorso, a Ferdinando Bonsignore (Torino, 1760 - 1843), architetto della corte sabauda, anche se poi costruita soltanto tra il 1827 e il 1831. L’edificio, rialzato rispetto alla piazza circostante per mezzo di un alto basamento, è accessibile grazie ad una scalinata dalla cui sommità si ammira la splendida vista della direttrice che, attraversando il ponte Vittorio Emanuele I e proseguendo verso piazza Vittorio Veneto, via Po, Palazzo Madama, culmina con l’arco alpino.
In facciata, un grande pronao a sei colonne con capitelli corinzi sostiene il timpano al cui interno si trova l'altorilievo della Vergine con il Bambino (attribuito a Francesco Somaini di Maroggia (1795-1855)) che riceve l'omaggio dei committenti dell’edificio, ovvero i decurioni della città che vollero la chiesa per celebrare il ritorno del re dopo la ritirata dell'esercito napoleonico (ben visibile sull'architrave l'epigrafe ordo popvlvsqve tavrinvs ob adventvm regis: la nobiltà e il popolo di Torino per l'arrivo del re).
Sempre all'esterno, alla base della scalinata, la statua della Fede, a destra, e quella della Religione, a sinistra, entrambe opere di Carlo Chelli (Carrara, 1807 - 1877), mentre il monumento di Vittorio Emanuele I, al centro della piazza, opera di Giuseppe Gaggini (Genova, 1791 - 1867), realizzato tra 1849 e 1869, fu posizionato soltanto nel 1885.
All'interno, la pianta circolare è dominata dalla grande cupola con cinque ordini di lacunari ottagonali, di misura decrescente, culminanti nell'oculo dal quale filtra la luce zenitale che, il 24 giugno, illumina la statua del Patrono di Torino San Giovanni Battista.
Degno di menzione, quindi, il ricchissimo apparato scultoreo: dalla decorazione alla base della cupola con ghirlande e i quattro bassorilievi che narrano episodi della Vita della Vergine (Natività, Presentazione al Tempio, Sposalizio, Incoronazione) realizzati su disegni e modelli di Carlo Finelli (Carrara, 1782 - Roma,1853) alla statua della Gran Madre di Dio con il Bambino, avvolta da raggio dorati, situata dietro l'altare maggiore, opera di Andrea Galassi (Sassari, 1793 - Roma 1845); e ancora il San Maurizio di Angelo Bruneri, il San Carlo Borromeo e il San Giovanni Battista di Giuseppe Bogliani, l'Amedeo IX di Savoia di Carlo Caniggia, il San Marco di Giuseppe Chialli e la Margherita di Savoia di Antonio Moccia.
Singolare, infine, la torre campanaria con orologio che si trova nell’edificio alla destra della chiesa guardandone la facciata, dove hanno sede l’oratorio, gli uffici e gli archivi parrocchiali.
Impossibile non concludere ricordando la credenza che vede la chiesa sorgere sul sito di un antico tempio dedicato al culto della dea Iside, conosciuta anche come la Grande Madre, dea della fertilità e della maternità, mentre un'altra ipotizza nella statua della Fede alla base della scalinata, rappresentata da una donna che tiene nella mano destra un libro aperto e con la sinistra leva un calice, la figura della stessa Madonna con in mano il Santo Graal, a indicare come la leggendaria reliquia si troverebbe proprio in questa città.