STEFANO VAMU
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Tempi duri.
Nonostante il locale sia pulitissimo, la gentilezza sia al top, persino il “sentirsi a casa” sia veritiero, qualcosa non torna. E nonostante i numerosi riconoscimenti, nonostante i premi pubblici e le note di merito e recensioni, qualcosa in questo bel locale non quadra.
Mi sono approcciato senza pregiudizi ma convinto di degustare pietanze di prima scelta e sicuramente lo sono state.. capisco le difficoltà a tenere un alto livello di standard ma la qualità del prodotto e della sua fattura esige una ferrea disciplina senza concessioni ne sbavature di sorta.
Tartufo? Se non è stagione e il tempo non aiuta perché proporlo? Perché insistere e proporre un succedaneo in conserva che poco o niente c’azzecca con il principe dei profumi per eccellenza?
I primi? Fermo restando il discorso tartufo, dei primi lascia interdetti non tanto le materie prime, quanto il retrogusto di acqua di cottura che emanavano sia i tortelli che le tagliatelle.. forse una sana e robusta spadellata delle tagliatelle e dei ravioli nei rispettivi intingoli avrebbero amalgamato meglio paste e sughi senza lasciare niente all’immaginazione e più sostanza nel piatto.
Faraona da incorniciare, purea di patate da rivedere ma de gustibus.. tagliata ai porcini.. stesso discorso per il tartufo.. se non sono freschi tanto vale proporre forse rucola o altro.
Anche la carne.. dolente ma ne ho assaggiate di meglio e più tenere.
Non me ne voglia il buon Rolando, capisco le difficoltà, capisco che tutto, compresa la clientela stia cambiando, ma credo che per tenere alto un servizio ed “educare” alla buona cucina di chi si mette a tavola con determinate aspettative, anche il più piccolo dei particolari non vada tralasciato, senza sconti nè scorciatoie. Il detto “meno quantità e più qualità” mai come in questo caso si sposa con quello che modestamente voglio suggerire a chi come Rolando ha fatto della cucina e della buona tavola la sua vita.